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Operazione "Enduring Freedom" o quanto dura la nostra libertà |
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Diego Antolini |
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L’11 settembre 2001 gli Stati Uniti subiscono un
attacco senza precedenti, paragonabile forse solo a quello di Pearl
Harbor. Con la differenza che le Twin
Towers o il World
Trade Center non era un’isola nel
Pacifico ma un complesso industriale e commerciale della città
simbolo dell’America capitalista: New York.
Questo evento ha
cambiato la nostra percezione della vita se non altro per l’impatto
psicologico avuto a livello globale. La città di New York infatti è
stata la sola ad aver sofferto fisicamente di un tale disastro, se
pensiamo che quasi 3000 persone sono rimaste uccise (delle quali 400
erano ufficiali di polizia o vigili del fuoco) e solo 18 sono state
salvate dalle macerie. Un secondo attacco quasi simultaneo ha colpito
il pentagono, simbolo del potere militare americano, nella capitale
di Washington, D.C.. Un ultimo crash,
infine, è avvenuto vicino a Shanksville, in Pennsylvania: quando i
passeggeri del volo 93 tentarono di riprendere il controllo
dell’aereo i dirottatori, che stavano guidando il velivolo verso un
obiettivo ignoto, lo fecero precipitare all’istante. Mentre i video dell’impatto aereo con le
Twin Towers
sono stati immediatamente resi pubblici, l’attacco al Pentagono
rimase inaccessibile fino al 2006.
Al di là della simbologia (il giorno palindromo,
l’1+1 comparabile alle torri, la torre spezzata nell’arte
divinatoria, solo per citarne alcuni) che rimane essenziale per
capire le dinamiche geopolitiche e il possibile significato dietro
ogni accadimento, negli anni successivi sono state formulate molte
ipotesi su quello che realmente è stato il “9/11”.
Una di
queste è, ad esempio, legata alla speculazione finanziaria: nei
giorni precedenti all’11 settembre un numero enorme di opzioni
sarebbero state piazzate sulle compagnie aeree United
Airlines e American
Airlines, le stesse che sono state
dirottate durante gli attacchi. Segno che le compagnie di
assicurazione e alcuni traders
erano stati avvisati dell’imminente tragedia?
E che dire delle dinamiche dell’impatto? Molti
sostengono che il modo con cui le Twin
Towers sono crollate sia da attribuire
più ad un’esplosione avvenuta dalle fondamenta che dalla
penetrazione laterale dell’aero. Anche il fatto che lo stesso
velivolo, composto di alluminio, sia riuscito a penetrare l’armatura
di acciaio delle torri lascia molti dubbi sulla causa del crollo.
Allo stesso modo l’attacco al Pentagono solleva molti dubbi (il
foro mostrato nelle fotografie appare essere più piccolo dell’aereo
che lo avrebbe causato; in aggiunta l’impatto è avvenuto
nell’unica parte vuota del complesso militare, che in quel momento
era sottoposta a ristrutturazione; e sembra improbabile che nessuna
difesa anti aerea abbia tentato quantomeno di colpire l’aero che
entrava nella zona militare).
Altro particolare interessante è il fatto che
circa 4000 impiegati ebrei non si presentarono al lavoro in quell’11
settembre. E i primi a registrare i video dell’attacco sono stati
ancora ebrei. |
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Osama Bin Laden venne immediatamente indicato
dall’amministrazione Bush come il responsabile degli attacchi.
Inizialmente egli negò, poi cominciarono ad uscire video in cui il
suo gruppo di terroristi rivendicava gli attacchi. George W. Bush, la
cui famiglia aveva e tutt’ora ha diversi affari in Medio Oriente
legati a petrolio e armamenti, in un discorso agli americani dichiarò
che l’attacco alle Twin Towers
segnava l’inizio di una guerra globale al terrorismo. Enduring
Freedom fu il nome dato ad
un’operazione militare, economica e politica di larga scala che
negli anni ha provocato l’invasione armata di Afghanistan e Iraq, e
una reazione a catena che non ha risparmiato alcuna delle nazioni del
MENA, salvo Israele e Arabia Saudita che rimangono comunque nazioni
che poggiano su un terreno minato che può saltare in ogni momento.
L’Afghanistan è stata la prima nazione nel
mirino dell’amministrazione Bush nel post 11 settembre, accusata
dal governo americano di dare rifugio ai terroristi comandati da
Osama Bin Laden. Da qui l’invasione militare, la dissoluzione della
millenaria struttura tribale del paese mediorientale in nome dell’
“esportazione della democrazia” che faceva da corollario
ideologico ad una campagna imperialista fin troppo chiara.
L’Afghanistan, oltre ad essere il maggior produttore di oppio, è
anche molto ricco di gas naturale, petrolio e metalli per la sua
natura prevalentemente montuosa. Soprattutto, esso è posto in una
posizione strategica tra Iran e Pakistan. Non è un caso che
l’operazione Enduring Freedom
sia stata lanciata in Afghanistan e Iraq, le due nazioni che
fiancheggiano l’Iran, vero obiettivo americano ma che, almeno
finora, si è dimostrato intoccabile.
Dopo 18 anni di conflitto, lo scorso 29 febbraio
l’amministrazione Trump e i Talebani hanno siglato un accordo “per
riportare la pace in Afghanistan”. La discriminante è il
comportamento dei Talebani: se essi rispetteranno l’accordo entro i
prossimi 14 mesi tutte le truppe USA e alleate NATO usciranno dai
confini territoriali. Due giorni dopo, il 2 marzo, gli USA hanno
messo a disposizione 37 milioni di dollari dal loro Emergency
Reserve Fund for Contagious Infected Diseases
nei confronti delle nazioni affette da Covid-19, la prima tranche dei
100 milioni promessi il 7 febbraio. Tra le nazioni beneficiarie
figura l’Afghanistan (che aveva annunciato il primo caso il 24
febbraio). Forse l’ “Effetto Coronavirus” ha velocizzato la
smobilitazione, o forse ha solo aperto un nuovo “canale”
speculativo alternativo a quello militare.
Oggi la situazione economica dell’Afghanistan è
quella di una nazione corrotta ad ogni livello e in ogni settore
della società. Evidentemente gli effetti che l’ “esportazione
della democrazia” americana hanno prodotto si sono resi visibili
agli occhi del mondo, dichiarati da numerose NGO, dai rapporti
periodici dell’UNODC (United Nations
Office on Drugs and Crime) e
dall’indice di percezione della corruzione stilato annualmente dal
Transparency International (TI)
con base a Berlino. L’Afghanistan è attualmente uno dei tre paesi
più corrotti del pianeta.
Nessuno dei rapporti sopra citati menziona
esplicitamente che la causa di questa situazione è Washington, D.C.
e le truppe che sono state inviate sul territorio a partire dal 2005.
La presenza militare USA ha incrementato i campi militari da 29
(2005) a 400 (2010) ma anche l’ingetto di cash che ha inondato il
paese. Lo scandalo che ha colpito la Kabul
Bank nel 2013, portando Sher Khan
Farnood e Khalil Ullah Ferozi alla condanna a cinque anni di
detenzione per frode, non ha evidenziato il ruolo avuto dagli Stati
Uniti nella creazione del falso libero mercato in Afghanistan.
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La
Kabul Bank
fu fondata nel 2004 come azienda privata e innalzata a simbolo
dell’ordine economico di libero mercato che andava nascendo nella
nazione. Nel 2005 il Pentagono, ente pagante dell’ANSF (Afghan
National Security Forces) stipulò un
contratto con la banca per il pagamento dei salari ai soldati
dell’ANSF e alla polizia locale. Subito dopo la Kabul
Bank venne inondata di contante. Questa
mossa, cioè il sostegno americano alla banca, fu essenziale per
generare fiducia nel popolo afgano che iniziò a depositare i propri
risparmi nell’istituto di credito. Farnood e Ferozi ne
approfittarono per trasferire denaro dei correntisti a loro stessi in
forma di prestiti attraverso aziende di facciata. In tutta questa
manovra che è ad oggi la frode bancaria più grande del mondo
(calcolata in percentuale al PIL del paese) l’ambasciata USA a
Kabul come sua “levatrice”.
Il budget raddoppiato dal Pentagono tra il 2005 e
il 2007 (16 miliardi e 37 miliardi) per sostenere le truppe
americane, addestrare e mantenere quelle afghane, e rifornire tutte
le postazioni di guerra sparse sul territorio, andava anche a
finanziare i signori della guerra che sulla via tra Kabul e Kandahar
(quest’ultima, roccaforte talebana) esigevano tasse di “passaggio”
e di “protezione” ai convogli di rifornimento. Nel 2009 un
sondaggio dell’IWA (Integrity Watch
Afghanistan) ha dichiarato che la somma
di queste tasse ammontava a 1 miliardo di dollari.
Quindi un incredibile ammontare di denaro dei cittadini americani
allocato per “aiutare la democrazia” in Afghanistan venne speso
così rapidamente da non poter essere tracciato da controlli
anti-corruzione che sulla carta dovevano assicurare trasparenza nelle
operazioni finanziarie. Chi aveva accumulato denaro in questo modo,
tuttavia, non riusciva ad investirlo per via delle poche opportunità
che offriva un paese comunque sottosviluppato. Così la maggior parte
di questo denaro venne trasferito in banche e proprietà immobiliari
degli emirati, che a loro volta lo utilizzarono per “ripulire”
l’immagine di Dubai.
La città degli Emirati Arabi, infatti, durante
l’occupazione sovietica era il centro di smistamento dell’hawala,
cioè del trasferimento informale (leggi: riciclaggio) di denaro
sull’asse Mosca-Asia centrale (Uzbekistan, Tagikistan,
Afghanistan). Farnood era un esperto dell’hawala,
avendolo praticato fin dagli anni ‘80. Quando, nel 2007, le
autorità russe cercarono di estradarlo, Farood era diventato il
rispettabile direttore della Kabul Bank
(e la sua ex-guardia del corpo Ferozi nominato amministratore
delegato). Il mandato di estradizione dell’interpol venne ignorato
sia dal ministro degli interni afghano che dall’ambasciata
statunitense a Kabul.
Ad oggi l’Afghanistan non solo non ha conosciuto
democrazia né libero mercato, ma è diventata una nazione priva di
identità alla mercé di vicini più ricchi e rispettabili. Questo
mentre gli USA si preparano a lasciare la nazione con una stretta di
mano e una vena di nostalgia per la fine dell’operazione Enduring
Freedom.
Ma lo faranno davvero? Il New
York Times ha
pubblicato un articolo lo scorso 18 marzo in cui si pongono seri
dubbi sul ritiro delle truppe americane e alleate dall’Afghanistan.
Questo a causa del Coronavirus, che ha già colpito ben 21 persone
(su una popolazione di 35 milioni), mentre nel 2009 la pandemia di
influenza che ha colpito il paese con 199 casi (rapporto OMS) non
aveva minimamente influito sulle scelte del Pentagono che in
quell’anno aveva inviato 17.000 soldati (amministrazione Obama) in
aggiunta ai più di 67.000 già impegnati nel territorio.
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26/05/2020 18:22:13 |
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