X-ZONE/X-plan

Irrealtà Virtuale

Fonte: Punto Zero N.11 (Nexus Edizioni)

Crescere seguendo modelli e miti attuali non sembra avere molta più presa nei ragazzi adolescenti di oggi rispetto ad una visione prettamente digitale della realtà. Ciò che esiste nel mondo virtuale diventa il parametro su cui rapportare consapevolezza di sé, relazioni con gli altri, ambizioni e progetti individuali. Lo "Tsunami Digitale" invade la mente dei ragazzi con una dirompenza ancora non pienamente compresa neppure dagli adulti, capovolgendo in pochissimo tempo le strutture del reale e le ancore per una vita sociale che ancora poggia su famiglia e lavoro. L'irreale diventa reale, ma quali sono le implicazioni di una realtà rifiutata?

L'alienazione colpisce tutti gli adolescenti a un certo punto della loro vita. E la comunicazione con i genitori, che prima rappresentava uno dei mezzi più forti di bilanciamento della relazione introspettiva (il ragazzo e il suo rapporto esclusivo e privato con se stesso) e sociale (il ragazzo e il suo rapporto inclusivo e di confronto con gli altri), adesso non lo è più. Le ragioni di questo non sono facili da determinare, ma a mio avviso quella più rilevante è il divario culturale e di approccio sociale che cresce in modo non-lineare ma esponenziale con il progredire della tecnologia. Questo strumento, infatti, molto più della rivoluzione industriale, ha generato un distacco generazionale che fatica ad essere ricomposto. Una comunicazione efficace avviene infatti se mittente e ricevente sono sullo stesso piano e riescono a codificare e decodificare il messaggio. Ma su piani diversi, la comunicazione diviene parziale, discontinua, o assente.

La scelta consapevole di alcuni ragazzi di auto-isolarsi parte proprio dalla sfera familiare. La percezione della differenza dell'adolescente dai i propri genitori, quando ritenuta troppo netta e ampia, viene liquidata come “irrisolvibile” perché un ragazzo nell’età più delicata della sua vita difficilmente possiede gli strumenti per colmare la differenza, mentre i genitori, che dovrebbero possedere l’esperienza per farlo, si trovano di fronte la barriera del linguaggio “tecnologico” da cui l’adolescente non vuole (o non può) separarsi per via della sicurezza che questo gli infonde. D’altra parte gli adolescenti di oggi tendono a cercare una via d'uscita "facile”, rapida, perché è questo che chiede una società dinamica, satura di informazione e con strategie formative non sempre adeguate alle sfide moderne. Tagliare la relazione con i genitori e ogni forma di comunicazione non è più solo scappare di casa e vedere il mondo, o esplorare settori sociali il più possibile lontani da quello in cui si è cresciuti (le “cattive compagnie”); oggi vuol dire immergersi nel digitale, in un mondo in cui il ragazzo versa in uno stato di isolamento fisico ma, sul piano cognitivo, "clona" la sua immagine in un sistema virtuale di sua scelta, completando così la dissociazione dalla realtà dell’incomunicabilità familiare.

Subito dopo la famiglia, nella scala della crescita adolescenziale, vengono i coetanei. Qui l'alienazione prima, e la dissociazione poi, si manifestano in forme molto complesse e variegate, forse in maniera ancora più allargata. Nel gruppo di adolescenti ciascuno partecipa alle attività sia come soggetto singolo, portatore di una sua storia personale fatta di desideri, paure e pulsioni, sia come soggetto "collettivo”, cioè parte della fattispecie gruppo, costretto in molti casi ad “indossare” il ruolo che i coetanei disegnano per lui attraverso la lente combinata e, spesso, deformante, delle opinioni emotive tipiche dell’età pre-adulta. Solo quei ragazzi che possiedono le doti innate di “capo branco” sono immuni a questo meccanismo relazionale.
Quindi la dissociazione comincia da subito? Sì, e in realtà questa è una caratteristica dell’essere umano che non ha connotati in sé negativi ma rappresenta una componente molto forte della personalità. Tuttavia, se questa energia “raddoppiata” non viene incanalata in un progetto concreto ed emozionalmente stabile, essa causa degli squilibri pericolosi.

La novità della tecnologia digitale di oggi è che essa permette ad ogni individuo di rimanere integro all'interno del gruppo seppur nella totale alienazione dalla realtà esistente: basta avere un cellulare con una “App” e un gruppo di adolescenti può passare ore seduto allo stesso tavolo senza mai comunicare. E quindi non si avverte la necessità di gestire la propria energia “doppia”, visto che questa viene assorbita direttamente dall’apparecchio con cui si interagisce (che doppio non è). In questo caso la realtà collettiva è limitata alla presenza e alla conformità dell'azione: è l'epitome del concetto di "collettività virtuale".
Un ragazzo alienato si sentiva solo, in passato. Oggi, non necessariamente, se può trovare rifugio nella realtà virtuale del gioco, sentirsi parte di una vita diversa dalla sua esistenza reale. Questa viene sostituita da un continuum temporale indipendente dal corpo che, "parcheggiato" nello spazio in un letargo sensoriale, se estremizzato da una mente debole, può condurre facilmente a stati depressivi e auto-distruttivi.

Come può essere bloccata e capovolta questa condizione limite negli adolescenti?
La mia opinione è che una delle maggiori cause di questa dipendenza da "realtà virtuale" si trovi nella scarsa educazione consapevole all’uso della tecnologia digitale e al suo ruolo nella vita sociale che viene impartita nel percorso educativo del bambino.
Per “consapevole” intendo dire che la tecnologia dovrebbe rimanere un elemento strumentale alle attività cognitive e motorie dell’individuo, senza mai completamente sostituirle. Senza un'educazione "tecnosofica" che fornisca la più ampia e completa conoscenza delle tecnologie "Smart" e della "Virtual Reality" il bambino tenderà ad assimilare passivamente tali strumenti e, da adolescente, ad utilizzarli in modo compulsivo con il rischio di estremizzarli. Ciò che non si conosce si teme, oppure si abusa di esso come atto di rifiuto alla propria condizione sociale alienante. Quello che invece si conosce può venire utilizzato in momenti chiave del percorso esperienziale in tutte le fasi della crescita, specialmente in quella delicatissima dell'adolescenza.