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QUINTO CASSIO LONGINO

Secondo la tradizione cristiana il nome del soldato romano che trafisse con la propria lancia il costato di Gesù crocifisso, per accertare che fosse morto, come riporta il vangelo secondo Giovanni, era Quinto Cassio Longino, dal latino Longinus (Lanciano, ... – Lanciano, 37?).
Si legge su wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Longino:

« ... ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. »   (Giovanni 19,34)

Nei vangeli canonici non è presente il nome del soldato; il nome "Longinus" deriva da una versione degli Atti di Pilato, apocrifi. Longino è venerato come martire dalla Chiesa ortodossa e come santo dalla Chiesa cattolica.  Longino probabilmente è un nome fittizio che deriva dal greco λόγχη ("lònche"), lancia. Nessuno dei Vangeli canonici nomina la figura di Longino, ma Luca, Matteo e Giovanni parlano di un soldato che, prima che il corpo di Cristo fosse concesso a Giuseppe di Arimatea e Nicodemo per la sepoltura, per assicurarsi che Gesù fosse morto gli colpì il fianco con la lancia, da cui "uscì sangue e acqua" (Gv 19,34 e altri). Secondo una tradizione orientale e greca, passata poi anche in occidente, si trattava di un soldato cieco da un occhio o comunque afflitto da un grave disturbo agli occhi, che sarebbe guarito al contatto col sangue sprizzato. Secondo gli Acta Pilati Longino era inoltre il centurione al comando del picchetto di soldati posti a guardia del sepolcro di Cristo, che avevano anche assistito alla sua morte. In occidente la sua figura si fuse poi con quella del centurione, citato da Matteo, che riconobbe la natura divina di Gesù, esclamando "vere iste Filius Dei erat", "veramente costui era Figlio di Dio" (Mt 27,54)[1]. Nella lettera apocrifa di Pilato a Erode, Gesù risorto si rivolge alla guardia del sepolcro Longino chiedendogli: "Non sei stato tu che hai fatto la guardia durante la mia passione e al mio sepolcro?". Questa fusione è poi attestata, in maniera limpida, nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, scritta nel 1273, che è alla base dell'agiografia corrente. Gli sviluppi della polemica antigiudaica avviata da Giovanni, tesa ad assegnare agli Ebrei tutta la responsabilità della morte di Cristo, fece sì che anche le figure dei soldati romani che molestarono Cristo sulla croce, cioè Longino e "Stefaton" (come viene chiamato secondo una tradizione medievale colui che offrì la spugna imbevuta di aceto) diventassero ebrei, come se ne trova traccia in alcune rappresentazioni iconografiche[1]. Matteo dopotutto (27, 65-66) scrisse che la guardia lasciata a sorvegliare il sepolcro di Cristo era dei sacerdoti del Tempio, quindi ebrea. Nato nella città di Anxanum (oggi Lanciano), dove sarebbe tornato in vecchiaia, militò nella Legione Fretense, di stanza in Siria e nella Palestina attorno all'anno 30. Altre leggende sostengo che sia nato in Cappadocia. Secondo la tradizione fu il centurione romano che al momento della morte di Gesù gridò: ”Costui era veramente il figlio di Dio”, e che successivamente, quando il corpo di Gesù doveva essere deposto dalla croce perché stava per iniziare il sabato, giorno di festa per gli ebrei, in cui non si potevano lasciare i cadaveri dei condannati a morte esposti per evitare di spezzargli le ossa delle gambe, come prescriveva la legge, per un atto di pietà, preferì colpirgli il costato con la lancia, dal quale sgorgò sangue e acqua. Una tradizione medievale racconta che Longino era malato agli occhi, ma il sangue di Gesù, schizzato su di essi, lo guarì. Potrebbe essere una leggenda popolare nata per dire che la vista del sangue di Cristo, mentre era ai piedi della croce, gli aprì gli occhi alla fede cristiana. Comandò poi i soldati messi di guardia al sepolcro di Gesù, e dopo la sua Risurrezione, andò assieme alle altre guardie dai sommi sacerdoti a riferire l'accaduto. Questi tentarono di corromperli con doni e promesse affinché testimoniassero falsamente che i soldati di guardia al sepolcro si erano addormentati, permettendo che i seguaci di Gesù ne trafugassero il corpo, per poi dire che era risorto. Mentre gli altri soldati si lasciarono corrompere, Longino rifiutò di dire il falso, anzi contribuì a diffondere a Gerusalemme il resoconto della Resurrezione di Cristo. Per questo motivo cadde in disgrazia agli occhi dei maggiorenti della città, che decisero di farlo uccidere, il centurione però avendo scoperto questo disegno, lasciò l'esercito romano assieme a due commilitoni e si rifugiò in una contrada poco distante da Lanciano. Un'altra leggenda vuole che costui tornò in Cappadocia ove si diffuse la notizia della Resurrezione, convertendo al cristianesimo molte persone. La cosa fu notata dalle comunità israelitiche presenti nella regione, che la riferirono subito ai sacerdoti di Gerusalemme, che intervennero presso Pilato chiedendo la condanna a morte di Longino per tradimento. Pilato acconsentì e inviò in Cappadocia due fidati soldati della sua guardia con l'ordine di catturare lui e i suoi due compagni, decapitarli e riportargli indietro le loro teste. Appena giunti questi incontrarono Longino, ma non lo riconobbero, anzi gli chiesero dove potessero rintracciarlo. Il centurione si offrì di aiutarli e li ospitò in casa sua per tre giorni. Quando giunse il momento di accomiatarsi, i due soldati gli chiesero come potevano sdebitarsi dell'ospitalità, egli allora si rivelò dicendo: Sono Longino, che state cercando, sono pronto a morire e il più grande regalo che possiate farmi è di eseguire gli ordini di chi vi ha mandato. I due non volevano credere alle sue parole, ma poi dietro le sue insistenze e per paura della punizione di Pilato, si decisero a eseguire la sentenza su di lui e sui suoi due compagni. Longino raccomandò loro dove dovevano seppellire il suo corpo, si fece portare da un servo una veste bianca, la indossò e si lasciò decapitare. Le due guardie riportarono a Gerusalemme le teste dei tre condannati, che Pilato fece esporre alle porte della città e poi fece gettare in una discarica. Dopo qualche tempo, una povera donna cieca della Cappadocia, rimasta vedova, si mise in viaggio per Gerusalemme guidata dal figlioletto, per chiedere la grazia di essere guarita, appena giunse nella città il figlio morì lasciandola sola e senza guida. Le apparve in sogno Longino, incoraggiandola e promettendole che avrebbe pregato per la sua guarigione, le chiese poi di aiutarlo a dare degna sepoltura alla sua testa e le indicò il luogo dove doveva andare a cercarla. La cieca allora, facendosi accompagnare, ritrovò la testa di Longino nella discarica, sotto un mucchio di pietre, appena la toccò riacquistò la visto.  Dopo le riapparve in sogno il santo che la rassicurò, facendole vedere che il figlio era già in paradiso. La pregò poi di riporre la sua testa nella stessa bara del figlio e di seppellirla a Sardial nel suo villaggio natale. Un'altra tradizione riguarda il ritorno di Longino in Italia da Gerusalemme, nella sua città natale, ossia Anxanum, l'attuale Lanciano, qui avrebbe predicato e donato tutti i suoi averi ai poveri, prima di essere catturato e giustiziato. Nel luogo di sepoltura venne costruita la chiesa di San Legonziano (l'attuale chiesa di San Francesco). La testa invece, fu riportata indietro da Pilato, per provare l'avvenuta esecuzione. Un'ulteriore tradizione racconta che portò con sé in Italia il sangue raccolto dalla ferita di Gesù in un'ampolla, osservandolo il sangue si liquefaceva (questo particolare sarebbe simile al miracolo del sangue di San Gennaro). Longino sarebbe poi stato martirizzato nei pressi di Mantova. Il Martirologio Romano fissa la memoria liturgica il 15 marzo, quello orientale il 16 ottobre. Secondo la tradizione di Mantova, dopo il martirio avvenuto nei pressi della città, fu seppellito nel sito dove poi sorse la basilica di Sant'Andrea.[9] Nella cripta della stessa basilica, si conservano tuttora la reliquia della fiala del "preziosissimo sangue di Cristo", che sarebbe il sangue raccolto da Longino, e la reliquia della spugna usata per dare da bere l'aceto a Gesù. La tradizione vuole che per tutelare le preziose reliquie, Longino seppellì la cassettina contenente il sacro sangue in un luogo segreto nei pressi dell'Ospedale dei Pellegrini[10]. Martirizzato il 2 dicembre dell'anno 37 venne sepolto nella contrada mantovana chiamata Cappadocia. Per secoli si persero le tracce della reliquia del Preziosissimo Sangue, fino all'anno 804, quando Andrea apostolo, apparso ad un fedele, indicò con precisione il luogo dove si trovava interrata la cassetta portata da Longino. Nello stesso sito si trovarono le ossa del martire conservate ora nella basilica di Sant'Andrea. La santificazione del vecchio soldato avvenne il giorno 2 dicembre 1340 sotto il papato di Innocenzo VI.
Nelle raffigurazioni artistiche Longino viene rappresentato:
Ai piedi della croce, in armatura da legionario romano, con l'elmo e il gladio al fianco, mentre con la sinistra si ripara gli occhi e con la destra colpisce con la lancia il costato di Gesù.
Inginocchiato, con la testa su di un ceppo, pronto per essere decapitato e con gli occhi cavati (perché prima della decollazione avrebbe avuto gli occhi cavati).