INDAGINI/In Italia

Le memorie di Rosciano

Un castello al confine dell'Invisibile

DALLE ORIGINI ALLA RINASCITA

L’origine del nome non e’ certa: Russanum, Rescanum, Recsano o Rusciano, di derivazione indoeuropea e oggi divenuto Rosciano, significa “luogo ameno dove nascono le rose”.
L’area dove sorge il castello era abitata gia’ al tempo degli Etruschi e forse anche in epoca antecedente. Le prime notizie, secondo lo storico Felice Ciatti, risalgono al 548 e.v. quando la fortezza venne attaccata e distrutta da Totila re dei Goti. Rosciano prendeva il nome dalle rose scolpite sulle pietre del castello. Il luogo e’ in effetti molto particolare: situato a Signoria, una localita’ tra Torgiano e Bettona e nascosto da un fitto bosco, il maniero divenne avamposto fortificato dei Longobardi intorno al X secolo in pietra arenaria e fece parte del Granducato di Spoleto. Era considerato un punto strategico perche’ si poteva controllare la confluenza di strade e fiumi lungo l’antico corridoio bizantino. Gia’ nell’Anno Mille era considerato imprendibile per le alte mura e per la presenza di due profondi fossi che lo circondavano; appartenne a famiglie di origine imperiale al seguito di Federico I e Federico II. All’interno del nucleo fortificato esisteva un monastero appartenente agli Scifi, la piu antica famiglia che si conosca ad aver posseduto il castello. Di origine germanica, nobili di Sassorosso sul Monte Subasio (famiglia da cui discese Santa Chiara di Assisi) gli Scifi ricoprirono la carica di “Picerna Imperii” o coppieri dell’Impero, testimoni agli atti ufficiali.
La proprieta’ passo’ per molte mani illustri, dai Tancredi (stirpe di condottieri)  ai Montemelini, ai Della Staffa, ai Signorelli e poi Graziani, Baglioni e Ansidei. Poi entro’ a far parte dello Stato Pontificio fino all’unificazione dell’Italia.
Il Castello di Rosciano non era solo la residenza di famiglie nobili ma un vero e proprio feudo con un territorio compreso tra il fosso Maggiore al confine con Bettona, la Chiesa del Crocifisso al confine con Pontenuovo e il fiume Chiascio. Il feudatario godeva di autonomia, stabiliva le tasse, amministrava la giustizia e imponeva il pedaggio per attraversare il ponte di Rosciano; i capi famiglia residenti nel feudo ogni anno dovevano giurare fedelta’ al feudatario. Il castello tocco’ il suo apice tra l’anno mille e il 1500 ma il suo declino inizio’ con la costruzione del castello di Torgiano nel 1274 (quando i signori di Rosciano del tempo vendettero terre al comune di Perugia per la sua edificazione). Nel territorio del feudo si contano 11 chiese tra cui l’Abbazia di Santa Maria di Baltignana, il monastero-priorato “Chiesa di Sant’Angelo” (eretto nel 1248 dal Beato Martino, generale dei Camaldolesi) e una pieve all’interno del castello stesso, con due chiese dedicate rispettivamente a San Bartolomeo e San Salvatore. La chiesa piu’ antica risale al 1058 (Santa Maria di Baltignana). Rosciano era cosi’ importante a livello religioso che possedeva un canonico che lo rappresentava presso la cattedrale di San Rufino (Assisi).
Nel 1198 Papa Innocenzo III affidava la cura spirituale della popolazione del castello al vescovo di Assisi. Nel XIII secolo il feudo passo’ in proprieta’ alla stirpe dei Tancredi, che aveva acquisito un grande potere (Omodeo di Tancredi era uno dei consoli di Perugia nel 1202 e suo figlio Tancredi I divenne sindaco della citta’).
Nel 1384 il Castello di Rosciano venne attaccato e distrutto da Perugia (a cui si era ribellato).
Nel 1410 la famiglia dei Montemelini compare come proprietaria del castello e furono loro a costrurire il ponte sul Chiascio. Accanto al ponte fu costruita un’osteria che divenne famosa per via dell’oste che usava derubare i suoi ospiti. Alla fine l’uomo fu fatto impiccare da Malatesta di Pandolfo Baglioni, signore di Rosciano. Dai Montemelini la proprieta’ passo’ alla famiglia Della Staffa e, da questa, a Fabrizio III di Ridolfo Signorelli (famoso capitano di ventura) come parte della dote portata da Lingarda della Staffa in occasione della loro unione.
Nel 1585 il Vescovo di Assisi Mons. Pignatelli venne in visita pastorale trovando le chiese in rovina; nel 1593 fu la volta del Vescovo di Perugia Mons. Comitoli che annoto’ come le chiese non avevano fedeli (erano tutti passati alla parrocchia di Torgiano).
Rosciano rimase di proprieta’ dei Signorelli fino al 1699, quando con Camillo la famiglia si estinse, Passo’ allora ai nobili Graziani, Baglioni e Ansidei che si alternavano nel possesso utilizzando il castello come ritrovo di riposo e di caccia ma senza porre in atto alcuna cura, tanto che gli edifici cominciarono un inesorabile decadimento. Nel 1798 il castello, ormai abbandonato, venne riunito a Deruta per poi tornare nella giursdizione di Perugia.
Nel 1817 ne erano proprietari i conti Ludovico Ansidei, Benedetto Baglioni e Anna Graziani. Infine la Chiesa, a seguito del “motu proprio” di Papa Pio VII lo reclamo’. Rosciano fu, durante la sua decadenza, rifugio di briganti e vagabondi e fu in questo periodo “buio” che dovettero sorgere le leggende su maledizioni, fantasmi e tesori nascosti mai ritrovati.
Nel XIX secolo la storia di Rosciano si incrocia con la famiglia di Fausta Ciotti, quando tutta la proprieta’ fu acqustata dai fratelli Don Crispolto (arciprete di Bettona) e Francesco Ciotti. Questi poi lo passarono in eredita’ a Giuseppe Ciotti (padre di Fausta). Il castello era a quel tempo in totale rovina, praticamente inaccessibile a causa della fitta vegetazione che lo ricopriva quasi interamente. Fausta e sua sorella Beatrice accompagnavano spesso loro padre lungo interminabili passeggiate nel bosco fino ai ruderi del castello e queste esperienze maturarono in Fausta un grande amore per la natura e per i suoi molteplici linguaggi. Le prime esperienze a Rosciano in compagnia del padre vengono descritte da Fausta cosi’:

Rivedo ancora il buio misterioso di alcuni spazi che si aprivano al mio sguardo e che mi erano vietati...rivedo una catena che chiudeva un antico portale...ma soprattutto una scalinata che allora saliva verso l’ignoto e si perdeva nel nulla

Negli anni Sessanta, mentre Fausta frequentava le scuole superiori, il castello venne venduto dal padre per una somma irrisoria alla famiglia Alunni Bistocchi, che in effetti era piu’ interessata ai terreni circostanti che al castello e al bosco. Per Giuseppe fu una scelta dolorosa ma necessaria per poter assicurare alla quattro figlie (Fausta, Beatrice, Patrizia, Emanuela) un’educazione scolastica. Per Fausta fu addirittura un trauma: ancora giovanissima, giuro’ a se stessa che avrebbe ripreso la terra e il castello con i soldi della sua futura professione.
Passarono trent’anni durante i quali Fausta ebbe una brillante carriera professionale come psicoterapeuta, che le permise crearsi numerosi rapporti professionali e delle entrate adeguate a mantenere la sua promessa di ragazza. Ricchezze materiali ma anche affettive, visto che durante quegli anni conobbe e sposo’ Remo Granocchia (che chiama il suo “Cavaliere”) e con il suo aiuto non solo riacquisto’ il castello il 1 Maggio 1992 [giorno di Beltane o Valpurga, l’inizio del periodo della Luce secondo l’anno nella tradizione Celtica n.d.a.], ma lo riporto’ agli antichi fasti con un lavoro instancabile durato dieci anni. La ricostruzione ha assorbito la famiglia Ciotti interamente nel fisico, nella mente e nelle emozioni. Sembra incredibile che due sole persone (Remo e Matteo, il figlio) coadiuvate da Fausta e Chiara (l’altra figlia) possano aver ridato forma alla torre, alla chiesa, alle antiche sale. Ma naturalmente non sono mai stati soli, visto che il castello e la sua energia ha accompagnato il lavoro manuale, anche perche’ ogni ambiente e’ stato restaurato seguendo l’antico disegno e rispettando le tecniche di costruzione originali. Tale rinascita sarebbe stata profetizzato dalla leggenda legata alla costruzione del castello secondo la quale, se esso fosse stato perduto, sarebbe caduto in una specie di “sonno” per poi tornare alla vita grazie all’amore sincero e innocente di una bambina che lo aveva amato in passato. Il castello stesso “sceglie” colei che dovra’ custodirne l’essenza, l’anima, ma che nei lavori materiali dovra’ esserele affiancato un forte cavaliere che dovra’ proteggerla durante la ricostruzione. La storia di Fausta si intreccia con la leggenda e nella leggenda tutt’ora vive, intessuta in una trama antica e profonda che si riflette oggi sulle antiche tradizioni che lei ha riportato in auge: accoglienza con i cerimoniali medievali, la consegna agli ospiti delle chiavi del castello e, alle dame, dell’anello d’argento a forma di rosa da parte della Castellana (impersonata dalla stessa Fausta). Altre iniziative sono legate ai bambini e al mondo del fantastico che Rosciano dispensa senza soluzione di continuita’, come “la Festa di Investitura di Dame e Cavalieri” o le passeggiate nel bosco alla ricerca del Piccolo Popolo e dell’ingresso nel loro mondo.
Il Castello, oggi sotto il vincolo dello Stato, e’ stato restaurato con la supervisione della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Perugia nella persona dell’architetto Fabio Palombaro che ha fornito preziose indicazioni storiche e archeologiche, e dell’assistenza tecnica dell’ingegnere Fausto Ciotti. I materiali utilizzati sono stati le stesse pietre originali che erano sparse ai piedi delle mura diroccate in gran quantita’. Le pietre, arenaria di colore grigio-azzurro, sono state raccolte e ridistribuite nella proprieta’.
Durante i lavori tutti potevano avvertire la magia del luogo nei silenzi e nelle voci della natura, ma anche attraverso un’impressione costante di “essere osservati”, di non essere mai soli.
Nel 1996 la prima sala completamente restaurata, la Sala del Camino, fu inaugurata in occasione della manifestazione “Vignaioli e Tavernieri” della comunita’ di Torgiano. Dopo molti secoli, una nuova famiglia tornava ad abitare il castello.
Nel 1998 venne celebrato il primo matrimonio a Rosciano tra Chiara e Christophe e, per l’occasione, venne aperta la millenaria Sala Lingarda che solo pochi hanni prima era interamente sepolta sotto una montagna di detriti. Durante la cerimonia il castello si allago’; secondo Fausta fu un segnale che gli “Antichi Signori” erano presenti e rimanevano sempre i veri padroni di Rosciano.
A poco a poco altre parti del castello sono state restaurate: l’antico monastero con la sala Capitolare; la Torre dedicata alla “Tessitrice d’Oro”, una dama vissuta molti secoli prima e che oggi e’ una delle tre presenze benefiche a protezione del maniero; la Sala delle Armi con il cortile a balcone che si affaccia su Perugia. Quest’ultima fu inaugurata in occasione del battesimo di Mathis, il secondogenito di Chiara e Christophe. E poi piazzette, cortili, torri, il ponte levatoio con il fossato e vari altri punti che hanno ritrovato una nuova funzione pur nell’originale collocazione spaziale.
Nel 2012 il Vescovo di Perugia Mons. Bassetti, a 427 anni dalla visita di Mons. Pignatelli, ha celebrato una messa all’interno della chiesa di San Bartolomeo (ora dedicata a San Giuseppe artigiano in ricordo di Giuseppe Granocchia, Giuseppa Burani e Giuseppe Ciotti, genitori degli attuali proprietari).
Nel 2013 e’ avvenuta l’apertura del Salone Tancredi e, come da tradizione di famiglia (Fausta ci spiega che ogni evento di famiglia e’ un’occasione per realizzare o completare dei lavori), si e’ celebrato il battesimo di Edoardo (figlio di Matteo e Viviana). A Noa (prima nipote di Fausta) e’ stata dedicata una casa medievale a torre chiamata “Petit Maison de Noa”. Alla sorellina di Edoardo, Iris, e’ stata invece dedicata l’ultima opera realizzata, la chiesa romanica di San Giuseppe, “oltre a tutte le rose e fiori del giardino perche’ lei stessa e’ come un fiore dai colori dell’arcobaleno”, chiosa Fausta.