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SCOPERTO UN PIANETA SIMILE ALLA TERRA

E' a 20 mila anni luce di distanza, al centro della Via Lattea. La tecnica per individuarlo ispirata da un'intuizione di Einstein

Fonte: redzone

La speranza di trovare intorno ad una stella lontana un corpo celeste gemello della Terra si fa di giorno in giorno più concreta. Per questo gli astronomi che ieri hanno annunciato la scoperta del pianeta più simile al nostro fra tutti i 150 finora trovati in cielo nell’ultimo decennio, erano entusiasti. Ma ci sono soprattutto due motivi importanti che hanno reso euforici gli scienziati. Il primo riguarda le caratteristiche del nuovo corpo planetario extrasolare (classificato Ogle-2005-Bgl-390Lb) che è il più vicino a noi trovandosi a soli 20 mila anni luce nella direzione della costellazione del Sagittario, non lontano dal centro della nostra galassia Via Lattea. La sua massa è cinque volte mezza quella della Terra, ma soprattutto è un corpo solido e gelido, di roccia e ghiaccio, con una temperatura superficiale intorno ai 220 gradi sottozero; vale a dire come Plutone con il quale può vantare altre stringenti somiglianze. La quasi totalità di quelli noti, invece, presentava una natura semigassosa e calda analoga a Giove e Saturno. E’ probabile, inoltre, che intorno abbia una sottile atmosfera e che la superficie sia ricoperta da profondi oceani ghiacciati. La stella a cui si accompagna ad una distanza tre volte quella esistente fra la Terra e il Sole, ha, infine, una massa cinque volte più piccola del nostro astro.

LENTE GRAVITAZIONALE - Il secondo motivo importante è legato alla nuova tecnica utilizzata per scoprirlo, molto più potente delle precedenti. Per l’occasione, infatti, si è fatto ricorso ad un’idea avanzata da Albert Einstein nel 1912 (e poi provata) secondo la quale la gravità di un corpo che transita tra l’osservatore e il soggetto amplifica l’immagine di quest’ultimo: si parla infatti di «lente gravitazionale» perchè agisce proprio come una lente d’ingrandimento. In tal modo ancora non si vede direttamente il pianeta ma si può individuarne la presenza, la sua massa e persino la distanza dalla stella, registrando un aumento della luminosità della stella-madre. Ciò rende possibile il rilevamento di pianeti più piccoli che sfuggivano agli altri metodi e basati soprattutto sulla valutazione dei comportamenti anomali dell’astro a cui attorno giravano.

32 GRUPPI DI RICERCA - L’impresa, descritta nei dettagli sulla rivista britannica Nature, non è stata facile perchè ha richiesto la collaborazione di 73 astronomi appartenenti a 32 istituzioni internazionali e il lavoro in rete di una serie di telescopi nei vari continenti tra cui quelli dell’Eso (European Southern Observatory) in Cile. «La nuova tecnica ha dimostrato la sensibilità necessaria per scoprire anche pianeti abitabili» ha sottolineato Michael Turner della National Science Foundation americana. Con essa, infatti, ci si può spingere a indagare le «zone abitabili» nelle vicinanze delle stelle, dove cioè le temperature sono adeguate per mantenere l’acqua allo stato liquido e favorire lo sviluppo della vita.

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