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IL FANTASMA DELLE PIRAMIDI

Fonte: Centro Ricerche L.Da Vinci

Ricordo benissimo quel pomeriggio di due anni fa... Iniziava un'avventura che mi avrebbeportato a osservare coi miei occhi uno spaccato di vita egizia, aldilà del tempo e della storia. Ricevetti la telefonata di un'amica, Simona. «Sai. qualche giorno fa sono entrata in un bar...» e mi spiegò il posto: lo conoscevo di vista, non era lontano da casa mia. «Il proprietario. Biagio, un signore moltosimpatico e gentile, ha notato il disegno sulla mia T-shirt, motivi egizi e piramidi. Mi ha detto che lui lì c'era stato in viaggio di nozze, anni prima... e tirò fuori dal cassetto un mazzo di fotografie...» Fra le immagini, l'attenzione di Simona s'era appuntata su una foto in particolare; la richiesta di spiegazioni aveva provocato nel proprietario un repentino cambiamentod'umore. Era una foto scattata all'intemo della piramide di Chefren, la seconda per grandezza; vi si vedeva qualcosa di molto strano, che non si poteva attribuire a un difetto della pellicola. Era l'interno di quella che sembrava una tomba, c'era forse un sarcofago, e poi una specie di nuvoletta antropomorfa che ne usciva fuori... Già di per sé era strana come foto, ma i sospetti di Simona s'erano accresciuti per via dell'imprevista reazione del gestore... Il signor Biagio, mostratosi improvvisamente evasivo e contrariato, aveva richiuso l'album, aveva salutato in fretta la mia amica, e l'aveva lasciata lì da sola, tornando alle sue attività. Tutto questo era bastato a Simona per far farle una telefonata al nostro Centro e segnalare il fatto. «Capisci... Ho pensato subito che era pane per i tuoi denti... Perché non ci fai un salto e provi a parlarci tu?...» Così, la mattina dopo, presi con me alcune belle foto di entità che avevo in archivio, il nostro giornale e altro materiale, e andai al bar... Individuai subito il gestore. Era proprio come me lo aveva descritto Simona: corpulento, con i baffoni e l'aria simpatica... Aspettai un momento che la cassa fosse deserta per avvicinarmi... Con molto tatto gli dissi che la mia amica aveva visto qualcosa di strano nelle sue fotografie e che anche io ero molto interessato, se lui non aveva nulla in contrario, a osservare quella foto con attenzione. Mi qualificai come membro del Centro Italiano Ricerche di Roma, un gruppo di ricercatori che studiano e divulgano tematiche che sfiorano spesso la scienza, a volte la incrociano, ma più spesso poi prendono una strada tutta loro; al massimo parallela. Gli dissi che forse potevamo aiutarlo a comprendere meglio quello che lui aveva fotografato e magari a ripulire l'immagine e cercare di rendere più definito possibile il soggetto. Mi rispose che lui era una persona posata, seria, che non voleva diven tare lo zimbello del quartiere e che non cercava la benché minima notorietà o pubblicità. Anzi, ne rifuggiva. Temetti un rifiuto. Poi però aggiunse che c'era stato nelle mie parole qualcosa che lo aveva interessato e rassicurato: il fatto che potevamo aiutarlo a comprendere meglio la "cosa" che lui aveva fotografato. Infatti era rimasto sì sbigottito e spaventato a morte il giorno che, tornato dal viaggio, aveva ritirato dal fotografo le sue foto sviluppate e aveva visto per la prima volta quello che ancora oggi si chiedeva che cosa fosse: ma aveva almeno mille domande da porre sulla sua natura; domande che da anni erano senza risposta. Glielo ribadii: potevamo almeno aiutarlo a capire. A quel punto, aprì un cassetto e ne trasse l'album. Ricordo che stetti in silenzio per parecchi minuti a fissare la foto. Si trattava, la riconobbi subito, della stanza sepolcrale del faraone Chefren (o almeno quella che così è stata sempre menzionata, sebbene nessun sarcofago e nessuna mummia vi siano mai stati rinvenuti). Chefren è vissuto durante la Quarta Dinastia, l'Antico Regno, quell'epoca oscura ai cui faraoni si attribuisce la costruzione delle prime (e più famose) piramidi; anche se, personalmente, mi trovo in disaccordo con questa versione della storia, stando almeno ai recenti passi avanti della "nuova archeologia" che propone tesi più giustificate e attendibili con la logica degli eventi storici. Chefren ha iniziato il suo regno in un'epoca abbastanza remota, diciamo nel 2570 a.C., anche se non ci è nota la data della morte (pur se possiamo presumibilmente farla coincidere con la salita al regno del figlio, Micerino, nel 2535 a.C.). E' indicato anche come colui che è raffigurato nel volto della Sfinge...
Comunque, per continuare con le vestigia del faraone della Quarta Dinastia, dobbiamo menzionare anche il Tempio funerario e il Tempio a Valle; queste ultime più credibilmente d'opera sua e sempre presenti nella piana di Giza. Ma torniamo alla foto. La stanza raffigurata è riconoscibile a prima vista per via della scritta sul lato sinistro in alto, scolpita nella parete dal famoso Giovanni Belzoni, figura controversa dell'archeologia dilettantistica del secolo scorso, a detta di alcuni più predone che archeologo. Fu lui infatti il primo ad accedere alla camera dopo secoli (trovò una scritta in arabo che dimostrava la violazione della piramide in epoca musulmana), e immortalò la data sul muro: «Scoperta da G. Belzoni, 2 Mar. 1818».
Al centro della foto erano riprese delle lastre di granito che a detta di molti starebbero a rappresentare un sarcofago. E proprio lì, davanti a quei lastroni, c'era un'immagine eterea, evanescente ma comunque umanoide, a tratti ben delineata e a tratti appena poco più di una nuvoletta. Una foto bellissima.
«Potete tirarci fuori qualcosa e capire che ho fotografato quel giorno?» mi chiese a quel punto Biagio. «Posso portarla a un nostro collaboratore, esperto di tecnica fotografica, che dispone di un computer molto sofisticato per l'analisi delle immagini, e che forse può ripulirla dalle impurità (poche, peraltro) e dal superfluo, ed evidenziare i tratti della figura ripresa... Sì. questo lo possiamo fare...» «Va bene — disse Biagio — fai quello che pensi giusto... ma appena sai qualcosa fammelo sapere subito». Ringraziai e me ne andai... Il giorno successivo Eugenio Martucci, Direttore della nostra Filiale di Cremona, mi avvertì che era a Roma. Gli raccontai brevemente la storia della foto e lo pregai di raggiungermi. Rividi il mio stupore del giorno prima sul suo volto.
Senza altri indugi ci recammo al laboratorio di Gianni Petruzzelli, il nostro esperto Kodak. E come vide la foto la scena dello stupore si lesse anche sul suo viso per evidenziare meglio l'immagine. lascerò la parola al tecnico.
Prima di venire nel mio studio, Giorgio Franchetti ed Eugenio Martucci si sono fatti precedere soltanto da una breve telefonata, introduttiva ed evasiva nello stesso tempo. E senza troppe parole mi hanno mostrato la foto. Sono rimasto a guardarla per parecchio tempo prima ancora di conosceme la storia: prassi che da sempre adottiamo. nel nostro laboratorio, per evitare di rimanere anche lievemente influenzati nello stilare le prime riflessioni induttive. Ero molto perplesso, non lo nego. Di foto "particolari" nella mia vita e nella mia Camera ne ho viste molte, e parecchie proprio collaborando col C.I..R. Ma questa mi colpì subito.Non so bene perché. Di solito le fotografie contraffatte si vedono in prima battuta. Questa non lo sembrava neanche lontanamente, anche a un primo esame superficiale. L'immagine e questo mi incuriosiva molto sembrava essere evanescente solo in alcuni punti, mentre appariva molto reale e consistente in altri: un effetto che non si può ottenere con la solita volgare tecnica della doppia esposizione. E poi i dettagli dello sfondo non presentano assolutamente nessun elemento in uso proveniente dallo sfondo in seconda esposizione. Nulla. La foto era pulitissima e perfettamente a fuoco. Una meraviglia considerando l'ambiente difficile in cui era stata scattata, la luce del faro all’interno e il fatto che i turisti li fanno sostare solo pochissimo nell stanze della Piramide.
Ho avuto parecchi minuti di riflessione ad osservare la foto a occhi nudi, la inserii nello scanner: uno apparec-
chio professionale ad altissima definizione. E ci mise un po' il Mac a ingurgitare i milioni di dati-immagine. Poi visualizzò la figura originale sullo schermo. Un bei salto tecnologico, per quella presunta entità vecchia di chissà quante migliaia di anni, finire di colpo così, a velocità luce, tra i chip del mio Mac e poi sui cristalli del video...
Cominciai dapprima a portare l'immagine al negativo; è di solito il primo procedimento che adotto.
Chissà, forse in tutti noi pionieri della ricerca fotografica c'è la voglia di essere dei piccoli Secondo Pia, che fece quella storica lastra alla Sindone... I mezzi sono cambiati, ma forse lo spirito di scoperta sopravvive in noi... La conversione al negativo della foto evidenziò ulteriori particolari interessanti della
figura, come per esempio i bordi.
Inoltre questo procedimento mi portò a escludere in maniera definitiva la possibilità di trovarmi di fronte a un effetto ottenuto con la doppia esposizione. Infatti non sarebbe stato possibile, seppur in maniera inavvertita e involontaria, scattare due foto "una sull'altra" in maniera così pulita; cioè riuscendo a inserire la sola immagine della figura, che avrà pure avuto uno sfondo, dovunque sia stata ripresa, sull'immagine della camera della piramide. Se escludiamo l'intento di realizzare volutamente un falso, ogni foto doppio-esposta presenta particolari di entrambe le esposizioni. Qui, invece, i particolari della camera erano perfettamente a fuoco e non "nascosti" o "ombrati''
La stessa immagine presentava zone più "presenti" di figura e altre meno. La seconda esposizione della pellicola per riprendere la sola immagine avrebbe fatto sì che l'immagine stessa risultasse "presente" o meno in maniera omogenea. Senza azzardarmi in conclusioni che esulano dal mio campo specifico professionale, potrei dire che la foto sembra avere anche una profondità: cioè il soggetto sembra entrare in qualcosa e quindi allontanarci da fili osserva. Come se ci fosse una porta o una finestra e la persona sembrasse rientrarvi, allontanandosi dall 'osservatore. E' come quando si entra nella nebbia: man mano che si avanza, un ipotetico spettatore esterno vedrebbe scomparire prima le parti del corpo più lontane a lui e poi le più vicine. Qui sembra di trovarsi di fronte allo stesso effetto. Comunque, per cancellare gli ultimi dubbi, decisi di trasformare l'immagine in qualcosa di tridimensionale (sì, la ricerca sulla Sacra Sindone ha molto ispirato i miei movimenti). Questo fa subito risaltare se c'è presenza di alterazioni della pellicola o ritocchi, oppure accorgimenti vari che in altri modi non si vedono. E' il classico sistema per evidenziare i fili nelle foto dei finti UFO sospesi... Così il Mac ha ricreato una profondità in base ai chiaroscuri che l'immagine originale presentava: e qui, oltre a scartare definitivamente la possibilità che ci fosse stata una qualsiasi contraffazione della pellicola, ci siamo ulteriormente convinti che la figura presenta una sua profondità nello spazio, che esula dalle normali due dimensioni in cui un'immagine, per quanto dinamica, risulta comunque rinchiusa. Lo studio delle ombre e delle profondità evidenzia come per esempio la parte superiore del corpo. dalla vita in su. sia meno
presente" e quindi abbia meno profondità nello spazio e crei meno spessore e ombre che non i piedi: I quali, invece, come si vede anche nell'originale, sono ben presenti e concreti e creano quindi maggiore
profondità e ombra. Questo ci ha guidati su un'altra conclusione. A prima vista sembrava che quella "nuvoletta" stesse uscendo dal presunto sarcofago. In realtà, questo studio e poi ulteriori indagini compiute dal vivo con soggetti cui è stato chiesto di entrare e uscire da buche e salire e scendere gradini, hanno evidenziato, registrando e annotando le differenti inclinazioni assunte dal corpo umano in quei movimenti, che quella entità stava in realtà rientrando in qualcosa, e
che quindi era voltata di schiena. Ne risulta che il baricentro del corpo è completamente spostato nel suo asse in avanti, e questo fa trovare un riscontro logico a quanto evidenziato nello studio delle ombre e delle profondità; cioè che la parte superiore del corpo è più lontana dei piedi, quindi meno presente e meno visibile. Mi è sembrato assurdo ritrovare tante logicità nell'inspiegabile. Mi sono limitato a questo punto a chiedere al Mac di delineare, in base al lavoro svolto precedentemente, I contorni della figura nella maniera più precisa possibile. Poi abbiamo chiesto al Mac di assegnare tonalità di colore possibili per quei toni di grigio evidenziati dai nuovi contorni. Ne è
uscita un'immagine che riteniamo essere attendibile e approssimativa al circa 91 % della realtà. Il mio lavoro si è concluso qui, consegnando agli amici del C.I.R. di Roma le stampe degli elaborati
più significativi. Stampe da me eseguite con una stampante a sublimazione termica tipo Epson Stylus. Aggiungerò soltanto qualche parola sui risultati. Si vedeva una figura longilinea. femminile. Le caviglie sono cinte da cavigliere di colore chiaro
(oro?), anche se alcuni hanno obiettato che potrebbero essere delle catene. Indossa una veste leggera, un unico pezzo avvolto attorno al corpo, di colore chiaro. Particolare interessante sembra essere il diadema
(anche questo apparentemente in oro) che le cinge la fronte e di cui è possibile vedere il retro, mentre dal capo spunta la testa del cobra che ornava un tempo questo genere di gioielli. La capigliatura è raccolta
in una treccina molto sottile e il resto della testa pare rasato; particolare di rilievo, questo, se si tiene presente che la rasatura dei capelli era riservata ai soli fanciulli reali, ai quali si lasciva una treccina rappresentante la giovinezza. Era forse una principessa? «E' la più bella immagine di questo
genere che io abbia mai visto...», bisbiglia Gianni, cui l'emozione aveva tolto il respiro. Mi permetto di porre le mie conclusioni al resoconto della nostra ricerca solo perché ho vissuto intensamente in prima persona tutta la vicenda. Non ritengo di poter mettere in dubbio la buona fede e la sincerità del signor Biagio, anche
considerando la fatica che ho dovuto fare per far breccia nella sua titubanza e diffidenza. E comunque voglio precisare che se anche egli stesso mi confessasse che si tratta di un falso, oggi, dopo aver lavorato fianco a fianco con Gianni e averlo sentito, non gli crederei... Biagio permane chiuso e restìo a parlare di questa storia anche oggi, raccontando di aver vissuto il momento in cui gli mostrai il nostro lavoro come un incontro con una persona sconosciuta della quale si è sentito come colpevole di aver infranto una parte di privacy. Comunque, nel tempo, ha maturato il desiderio di entrare in contatto con eventuali altre persone che abbiano vissuto un'esperienza simile e che in quella stanza, chissà, in anni passati hanno fotografato qualcosa che poi non sono riusciti a spiegarsi.